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Giudicato Progressivo e Recidiva

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    Amministrazione
  • 29 dic 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Il “saggio” di diritto sostanziale e processuale penale intitolato: “Giudicato progressivo e recidiva” di 105 pagine e 68 note pubblicata nel 2008 da G. Giappichelli Editore ISBN/EAN 9 788834 877883 è incentrato sull’analisi della giurisprudenza della Corte di Cassazione nei dieci anni precedenti in materia di inammissibilità delle impugnazioni e di giudicato progressivo e sulle conseguenti implicazioni inedite in tema di contestazione della recidiva. La recidiva rileva soltanto sotto il profilo della capacità a delinquere del reo per la commisurazione della pena da irrogare perché è la dimostrata insensibilità dell'individuo che ha commesso un nuovo reato di fronte alla pronuncia di una pregressa condanna penale. Ma come deve essere intesa la pregressa condanna? Critichiamo innanzitutto la giurisprudenza della Cassazione quando utilizza, a proposito della recidiva, il termine status soggettivo del reo, laddove il termine "status" concorre ad individuare un soggetto al di là delle vicende che in relazione a detta qualità possano ad essa riferirsi e delle conseguenze che ad essa possano imputarsi sul piano giuridico, mentre va considerato che la qualifica di recidivo è fatta limitatamente al nuovo reato commesso e alla pena da irrogare in quel processo.    Con la legge 5.12.2005 n. 251 è stato incrementato l'interesse dello Stato alla cognizione dei fatti di reato commessi dalla stessa persona, allungando addirittura i termini di prescrizione del nuovo reato. Appare più corretto allora parlare di "qualificazione" del reo in relazione a questo, anche se il rapporto rilevante non è tra il reato precedente e quello successivo, bensì tra la precedente condanna, il reo e il nuovo reato: il fatto di reato della precedente condanna è tenuto in considerazione soltanto per gravità, tipologia ed epoca di commissione, proiettandosi sul reo solo in occasione del nuovo reato posto in essere. La legge 251/2005 ha finito quindi per modellare dalle fondamenta gli istituti della prescrizione e della recidiva. Ciò è avvenuto dopo il formarsi di un orientamento giurisprudenziale sul rapporto tra l'inammissibilità dell'impugnazione, prescrizione del reato e possibilità di dare esecuzione a sentenze di condanna parzialmente passate in giudicato, a causa dell'annullamento non totale da parte della Cassazione, con rinvio al Giudice di merito, ai sensi dell'art. 624 c.p.p.  L'art. 99 c.p. si riferisce alla condanna senza fare riferimento alla irrevocabilità. La recidiva pertanto è solo una qualificazione del reo sotto il profilo della capacità a delinquere per la commisurazione della pena di chi ha subito una prima sentenza di condanna, anche se questa rileva solo dal suo giudicato sostanziale almeno parziale. Non attiene alla maggiore colpevolezza, altrimenti bisognerebbe di volta in volta porsi il problema della conoscenza da parte dell'agente dell'effettivo passaggio in giudicato della sentenza in termini di rappresentazione effettiva o di mera rappresentabilità. L'analisi dei casi di rilevanza giuridica del reato che non viene paralizzato dalla prescrizione (l'art. 170 comma 3 c.p.), infatti, mette in evidenza il rapporto peculiare che vi può essere tra un reato estinto ed un altro reato, per il quale il Giudice si deve ancora pronunciare e dimostra che, anche dopo la prescrizione del reato, rimangono effetti penali. Siamo quindi propensi a ritenere che il decorso del termine di prescrizione operi solo sul piano processuale, in ordine al singolo fatto di reato, lasciando impregiudicata la rilevanza sostanziale in relazione alla pronuncia giudiziale su un altro illecito. Nel caso di giudizio di rinvio, inoltre, il concetto di condanna ha un significato peculiare (Cass. Sez. I 20.3.2000 n. 2071 Soldano) quando la decisione diviene irrevocabile in relazione all'affermazione di responsabilità e contenga già l'indicazione della pena minima che il condannato deve comunque espiare per il reato base, la stessa pena già individuata deve essere messa subito in esecuzione. L'eventuale rinvio disposto dal Giudice di legittimità su questioni attinenti ai reati collegati a quello più grave dal vincolo della continuazione (c.d. reati satelliti) non incide sull'immediata eseguibilità delle statuizioni già passate in giudicato (Cass. sez. V 2.7.2004 Pipitone). Vi è allora una definitività decisoria che crea una barriera invalicabile all'applicazione, ad opera della Cassazione, di cause estintive del reato sopravvenute alla sentenza di annullamento oppure già esistenti e non prese in considerazione. Si deve, quindi, partire dalla distinzione tra irrevocabilità e definitività della decisione (Sez. Un. 6.3.97 n. 4904 Attinà): situazioni che possono non coincidere, quando si è formato un giudicato (parziale) sulla responsabilità e non è ancora intervenuta la determinazione della pena e quindi nel caso in cui la sentenza non è attualmente utilizzabile come titolo esecutivo. Il fatto che sia esclusa la prescrizione del reato per il giudicato progressivo formatosi e che non cominci ancora a decorrere la prescrizione della pena fino all'esaurimento del giudizio di rinvio, con l'inflizione della sanzione, dipende dall'inattualità di una condanna irrevocabile, per l'impossibilità di dare esecuzione ad una pena non ancora determinata. In sintesi, non appare giusto che l'imputato, durante il tempo necessario per la determinazione della pena, si avvantaggi dell'estinzione per prescrizione del reato, in ordine al quale è già stato in modo irretrattabile giudicato colpevole; d'altronde la contestualità fra dichiarazione di responsabilità e inflizione della pena non è un precetto costituzionale. Si approda così alle S.U. 19.1.2000 n. 1 Tuzzolino, che affermano che il giudicato progressivo si ha non solo quando vi è annullamento parziale, ma anche quando la sentenza non sia stata impugnata nella parte concernente l'affermazione della responsabilità dell'imputato. A questo proposito diventa fondamentale la distinzione giurisprudenziale tra i capi e i punti della sentenza e la precisazione che, in caso di giudicato parziale, non si possono applicare le cause estintive del reato sopravvenute alla pronuncia di annullamento, per la specialità dell'art. 624 comma 1 c.p.p.  In definitiva, tutta la giurisprudenza formatasi dalla fine degli anni '90 sull'inammissibilità dei motivi di ricorso e sulla formazione del "giudicato sostanziale", senza possibilità di dichiarare l'intervenuta prescrizione, porta a ritenere che dal formarsi del giudicato sostanziale è possibile anche la contestazione della recidiva, indipendentemente dall'annotazione della condanna nel casellario.




 
 
 

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Domenico Fiordalisi

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